Uomini bassi in soprabito giallo

In questo periodo non riesco a leggere molto, ma sto comunque andando avanti con delle letture molto interessanti, tra le quali un’antologia di racconti di Stephen King: “Cuori in Atlantide” dalla quale è stato tratto l’omonimo film con Anthony Hopkins. Quello che magari non tutti sanno è che (sebbene riprenda il nome dell’antologia) il film è tratto da uno dei racconti al suo interno ovvero “Uomini bassi in soprabito giallo”

Trama: Un ragazzo di nome Bobby Garfield vive ad Harwich, nel Connecticut, con sua madre, Liz, vedova. Il ragazzo fa amicizia con un uomo di nome Ted Brautigan, che possiede abilità psichiche; egli confessa a Bobby di essere perseguitato da “uomini bassi” che indossano soprabiti gialli alla guida di auto dai colori sgargianti. Sebbene Bobby accetti di far sapere a Ted quando inizia a vedere locandine di “animali smarriti” che indicano che gli uomini bassi sono vicini, Bobby non dice nulla quando alla fine inizia a vederli per paura di perdere il suo amico.

Si tratta di un racconto piuttosto lungo che si ricollega direttamente al ciclo della Torre Nera (❤️) sebbene possa essere letto anche in maniera autonoma (questo ha portato a uno stravolgimento piuttosto notevole della trama del film rispetto al racconto originale). La storia è molto bella e riprende uno dei temi ricorrenti nelle opere di King ovvero il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Nonostante questo però ho trovato alcuni tratti piuttosto lenti soprattutto nella parte iniziale. In ogni caso, nonostante alcuni difetti, un racconto sicuramente promosso.

Gwendy la scatola magica e le tre parole magiche di King

La trilogia di Gwendy finisce a dormire poco col botto, grazie a un romanzo che perde in parte i toni favolistici dei primi due volumi e pone la protagonista ormai sessantaquattrenne davanti a una missione che non solo stravolgerà per sempre la sua vita , ma che si rivelerà più difficile del previsto quando la malattia e l’età inizieranno a lasciare il segno su di lei. Interessanti i numerosi riferimenti e collegamenti tra la scatola e il mondo reale, in particolare con il COVID (ora so chi devo ringraziare per aver dovuto rimandare il matrimonio due volte XD)

Un romanzo sicuramente coinvolgente e accattivante che a mio avviso però, potrà essere apprezzato fino in fondo soprattutto dai lettori appassionati di King che conoscono (almeno) le sue opere principali. 
Perché, non so voi, ma leggendo King che mi inserisce in un unico libro le parole Derry, clown e Torre, io mi fomento e anche parecchio 😁

(The) King and I: due parole su “L’ombra dello scorpione”

Stphen King. Che dire? Chi è che non conosce Stephen King, il re indiscusso del brivido che con i suoi romanzi ha regalato a molti di noi notti insonne e fobie di ogni genere? (credo che nessuno che abbia letto IT guarderà mai più un palloncino rosso con gi stessi occhi) Sebbene siano anni che leggo i romanzi di King, solo ultimamente mi sono messa seriamente a collezionare tutti i suoi libri (ormai ne mancano “solo” 24 all’appello). Ovvio però che i libri mi piace soprattutto leggerli oltre che comprarli 😉

L’ultimo dei suoi lavori che ho avuto modo di leggere è “L’ombra dello scorpione” nella sua versione integrale pubblicata per la prima volta nel 1990.

Trama:

L’errore di un computer, l’incoscienza di pochi uomini e si scatena la fine del mondo. Il morbo sfuggito a un segretissimo laboratorio semina morte e terrore. Il novantanove per cento della popolazione della terra non sopravvive all’apocalittica epidemia e per i pochi scampati c’è una guerra ancora tutta da combattere, una lotta eterna e fatale tra chi ha deciso di seguire il Bene e appoggiarsi alle fragili spalle di Mother Abagail, la veggente ultracentenaria, e chi invece ha scelto di calcare le orme di Randall, il Senza Volto, il Male, il Signore delle Tenebre.

Uno dei motivi per cui ero molto curiosa di leggere questo romanzo è la presenza del “cattivo per eccellenza” creato da King: Randall Flag, l’uomo (in) nero.

Meglio conosciuto come Walter O’Dim, Randall è un personaggio che compare in diverse opere di King (in particolare proprio nella saga della Torre Nera) e rappresenta l’incarnazione stessa del male assoluto, una sorta di calamita che attira a sé con false promesse e con la sua aria suadente, ma che comunque (come il male stesso) per quanto affascinante trasmette terrore puro a chiunque osi anche solo pronunciare il suo nome. Un personaggio intrigante, affascinante come lo avevo trovato nella Torre Nera sebbene non sia l’unico ponte di collegamento con il magnum opus di King. Ne “l’ombra dello scorpione” infatti vengono introdotti diversi elementi che verranno poi inseriti da King nella sua celebre saga ( come ad esempio un brevissimo riferimento al Ka).

Quello che però mi ha angosciato ( e quindi piaciuto) di più di questo romanzo è come viene mostrato il lento declino della società umana a partire dal diffondersi del virus chiamato Captain Trip (giuro che diventavo paranoica ogni volta che mi scappava da starnutire quando avevo il libro in mano) fino al totale sfacelo e sgretolamento della società. La storia si sviluppa infatti in maniera coerente e graduale, attraverso personaggi profondamente umani che maturano e cambiano con lo svolgersi degli eventi. L’unico difetto forse sta in alcuni punti forse un po’ troppo lenti che, a causa soprattutto del numero eccessivo di pagine (oltre le 900), hanno rischiato quasi di farmi passare la voglia di leggere.

Nonostante la mole però, è un romanzo che vale la pena leggere se si è appassionati lettori delle opere del Maestro o se si amano le storie apocalittiche.

Questa ovviamente è solo la mia opinione. Voi siete sempre liberi di non prendermi troppo sul serio. 😉