Detroit Become Human ovvero la scelta di essere umani.

In mega ritardo come mio solito a causa di giorni piuttosto turbolenti, oggi ho voglia di parlarvi dell’ultimo gioco che ho finito ovvero “Detroit Become Human” (per chi se lo stesse chiedendo, ma anche se non ve ne frega giustamente niente, vi dico subito che sono del team Play Station).

Si tratta di un videogioco d’avventura che segue tre diversi filoni narratavi (dei quali la storia dell’androide Markus è in assoluto la mia preferita) nei quali il giocatore attraverso delle scelte, fa avanzare la storia che può cambiare a seconda delle decisione prese.

Con una grafica meravigliosa, nonostante non sia un gioco puramente d’azione, “Detroit” è riuscito a coinvolgermi tanto che mi è capitato spesso di trovarmi in difficoltà sulle decisioni da prendere per andare avanti sia dal punto di vista morale che emotivo. Bellissimo se amate i videogiochi con delle trame coinvolgenti, forse un po’ meno se amate i giochi con più azione o gli sparatutto. Non mi ha per niente delusa.

Prima della Fondazione, la Psicostoria

Asimov è uno di quegli autori di cui o ti innamori alla prima lettura o… basta mi limito a questo perché per me è stato così: ho amato Asimov fin dalla prima volta che l’ho letto così come mi sono innamorata delle sue opere forse più famose ovvero quelle legate alla Fondazione.

Trama: Nell’anno 12020 dell’Era galattica Hari Seldon, un oscuro matematico originario di Helicon, giunge sul pianeta Trantor per presentare le teorie sperimentali di una nuova scienza, la psicostoria, in grado di prevedere il futuro. L’ipotesi avanzata dallo scienziato accende subito l’interesse dell’imperatore e dei potenti personaggi che gravitano intorno a lui. Ma tra lusinghe, raggiri e intrighi di palazzo, Seldon si trova presto in pericolo… Inizierà così una lunga e avventurosa fuga per le gigantesche cupole di Trantor alla ricerca di quella misteriosa chiave che gli consentirà di capire l’intero passato del genere umano e di aprire le porte al suo futuro.

Quando leggi il ciclo della Fondazione , Hari Seldon viene visto come una figura mitica, un genio la cui Psicostoria avrebbe permesso alla Galassia di evitare secoli di caos dopo la caduta dell’Impero. In “Preludio alla Fondazione”, Asimov ci mostra come Seldon è passato dal considerare la Psicostoria come una teoria inattuabile al vederla come una possibilità concreta, di come sono state gettate le basi per la nascita della Fondazione. In questo romanzo ecco che Hari Seldon esce dal mito e viene mostrato come uomo e scienziato e con esso viene mostrato anche Trantor, pianeta capitale dell’Impero Galattico. In esso, Seldon viene costretto alla fuga, ritrovandosi a entrare in contatto con numerose realtà diverse, mondi più piccoli all’interno di un pianeta più grande dove l’umanità mostra attraverso innumerevoli sfaccettature, il lato migliore e peggiore di sé. Un romanzo nel quale l’autore ha disseminato ovunque piccole briciole, indizi che finiscono per convergere in un finale spiazzante, ma sicuramente degno. Consigliatissimo.

Prima regola del Fight Club…

Ok, già sono un po’ in ritardo con il posto causa tentativo di rianimazione post abbuffata di Pasqua se poi mi metto a infrangere anche le regole (o almeno le prima due) del Fight Club direi che questo post non inizia certo nel migliore dei modi. Beh, ormai il danno è fatto no? Tanto vale quindi parlare di una RIlettura che mi sono goduta in questi giorni. Indovinate un po’ di che si tratta? Ovviamente di “Fight Club” di Chuck Palahniuck

Trama: L’anonimo protagonista di Fight Club è un giovane disilluso dalla cultura vacua e consumistica imperante nel mondo occidentale, che si trascina in una vita fatta di bugie e di fallimenti. La sua unica valvola di sfogo sono gli incontri clandestini di boxe nei sotterranei dei bar. In questo modo crede di aver trovato una strada per riscattare il vuoto della propria esistenza; ma nel mondo del pugilato non c’è posto per alcuna regola, freno o limite. A nessuno importa se vivi o muori.

“Fight Club” è di sicuro un libro che sicuramente non per tutti. Si tratta di una storia cruda raccontata attraverso il flusso di pensieri del protagonista, un viaggio nella sua mente che all’inizio potrebbe spiazzare per lo stile apparentemente “sconnesso”, ma che trascina una volta che ti rendi conto che questo romanzo non è assolutamente classificabile né per genere né per stile. É qualcosa che va oltre, una delirante e cinica visione della realtà, una violenta critica alla società moderna e consumistica.
È la seconda volta che lo leggo, ma anche questa volta è stato un pugno allo stomaco. 
Consigliato, ma solo se siete pronti a tutto.

p.s. Vediamo chi di voi conosce le regole del Fight Club. Tanto le ho già infrante… 😉