Dopo essermi innamorata (di nuovo) del primo romanzo della saga di Frank Herbert, non potevo non mettere le zampe anche sul secondo capitolo che, per quanto a mio avviso non un capolavoro come il primo, mi ha comunque conquistata.
Se in “Dune” viene mostrata ll’ascesa di Paul Atreides, in questo seguito lo vediamo alla guida del suo nuovo impero, ma soprattutto alle prese con la minaccia del complotto e del tradimento, un tradimento che mira al cuore stesso di Paul e che ha il volto di un affetto creduto ormai perso da tempo.
Come per il primo romanzo, anche in questo a prevalere non è l’azione, ma le dispute politiche, gli intrighi e le emozioni dei suoi protagonisti nonché l’onnipresente e costante influenza della spezia su di essi.
Se devo trovare un difetto, credo che ne “il Messia di Dune” si senta molto la mancanza di quello che era il cuore del primo romanzo ovvero il pianeta Dune stesso.
In esso si svolgono gran parte delle vicende, è vero, ma se nel primo libro veniva mostrato come una forza viva e potente, in questo romanzo rimane molto al margine, sottomesso al potere di Paul e della sua influenza.
Rimangono però presenti il forte simbolismo e il misticismo in una storia che comunque riesce a rapire e ad affascinare fino al suo amaro finale che ci mostra quanto, a volte, possa essere alto il prezzo della vera libertà.