Il Talismano di King e Straub

Quando due amici di vecchia data collaborano per creare un romanzo fantasy dai toni dark, può nascere una sinergia capace di generare qualcosa di speciale. Se poi i due amici sono due grandi maestri del genere come Stephen King e Peter Straub, non può che nascere qualcosa di davvero magico e spettacolare. Da grande appassionata di King, leggendo “Il Talismano” ovviamente ho notato di più le influenze del Re, che non sono poche, così come non sono pochi i riferimenti ad altre sue grandi opere.

Trama: Una solitaria cittadina sull’Atlantico è il punto di partenza di un viaggio straordinario, esaltante e terribile insieme, che il dodicenne Jack intraprende alla ricerca del Talismano: il leggendario cristallo, dotato di poteri magici, che può guarire sua madre dal cancro. Per raggiungerlo, il ragazzo deve attraversare non soltanto l’America, ma anche un universo oscuro, parallelo a quello reale, dominato da forze misteriose. Un luogo nascosto in cui solo poche persone sono in grado di penetrare: e Jack è una di queste…

Il libro di King e Straub è un fantasy dai toni cupi che può far storcere il naso agli amanti delle opere puramente horror di King, ma che fa un po’ da precursore a sue opere più attuali come Fantasy Tales.
La storia ha diversi alti e bassi, con dei momenti forse un po’ lenti e pesanti, ma anche con picchi che arrivano a coinvolgere e commuovere profondamente.
I personaggi rappresentano quasi degli archetipi del genere eppure si riesce con facilità a farsi coinvolgere da loro sebbene ammetto che ci sono state parecchie volte in cui avrei voluto prendere a schiaffi Jack, il protagonista. 
Degni di nota alcuni omaggi e riferimenti a dei grandi classici (l’opera inizia e finisce con citazioni delle opere di Mark Twain, inoltre la scena in cui Richard entra nell’armadio e si ritrova per un attimo in un altro mondo sembra un chiaro riferimento all’opera di C.S.Lewis), ma soprattutto, ci sono alcuni dettagli che faranno drizzare le antenne ai grandi appassionati di King. 
Oltre alla forte somiglianza dei Territori con il “Medio-Mondo” infatti, a un certo punto si parla del Talismano come del “punto nodale di tutti i mondi possibili” e che questo Talismano si trova all’interno di quello che viene chiamato “albergo nero”.

Si dice inoltre che essendoci molti mondi, possono esserci (e qui cito testualmente) “dieci alberghi neri, solo che in certi mondi possono avere l’aspetto di neri parchi dei divertimenti… o di neri parcheggi per caravan… o altro ancora.”
La prima cosa che ho pensato leggendo questa frase è stata: quindi in un universo potrebbe avere anche l’aspetto di una torre?🫢

Comunque una lettura di sicuro consigliata a tutti i lettori del Re e agli amanti del genere..

Quella Voce nella testa

In evidenza

Ultimamente mi sto dedicando alla stesura del seguito di “Voce”, il racconto pubblicato lo scorso ottobre in formato digitale per DELOS Digital. Durante la stesura, mi sono resa conto di quanto io mi sia affezionata ai suoi personaggi, in primis a Bibi, quella voce nella testa di Nathan che in realtà si è rivelata essere… naaaa… niente spoiler.

Tornare a parlare di lei, di Nathan e di Lara, ampliare il loro mondo e scoprire di più sul loro passato è stato emozionante e da un certo punto di vista spaventoso. Scrivendo infatti, mi sono accorta di quanto ciò che è accaduto in “Voce” li abbia cambiati e abbia cambiato in maniera profonda anche i rapporti tra loro. Sono cresciuti e sono cambiati coinvolgendomi in maniera profonda. è stato come se stessi raccontando la storia di persone a me care, come se le loro voci avessero iniziato all’improvviso a risuonarmi nella testa desiderose di uscire.

Spero davvero di cuore di poter continuare a scrivere di loro ancora a lungo e intanto, se avete voglia, vi lascio un piccolo estratto di “Voce” per presentare anche a voi, questi miei cari amici.

La creatura volteggiava sull’albero a un lato del marciapiede. Afferrava i rami più sottili con le dita affusolate e allungava la piccola spirotromba per assaggiare il polline dei fiorellini bianchi.
Nathan si fermò, affascinato dalle minuscole ali membranose e dall’esile corpo ricoperto di scaglie perlacee che brillavano alla luce del sole
Per quanto tempo hai intenzione di restartene lì impalato?
Il ragazzo sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
– Si può sapere che vuoi?
Che ti dai una mossa! Siamo in ritardo.
– Io sono in ritardo – ribatté lui, seccato. – Tu sei solo una voce nella mia testa.
Un furgone sfrecciò lungo la strada; la creatura, spaventata, si allontanò con uno strillo.
Già e non trovi ironico che sia anche l’unica ad avere un po’ di buonsenso?
Nathan la ignorò, come faceva tutte le volte che lei cercava di provocarlo, e riprese a camminare. Lei, la voce nella sua testa o “Bibi”, come le piaceva farsi chiamare.
Una presenza che faceva parte della sua vita da che aveva memoria e della quale, sapeva, non si sarebbe mai potuto liberare.
Aveva raggiunto il parcheggio del supermercato in cui lavorava, quando sentì un brivido freddo lungo la schiena.
Alzò lo sguardo e vide l’Ombra a poca distante da lui, nera e vibrante, simile all’effetto ottico che si crea sull’asfalto in una giornata molto afosa.
Non guardarlo, Nat. Ignoralo.
Il ragazzo si passò una mano davanti agli occhi per scacciare la spiacevole sensazione che quell’essere gli trasmetteva.
Si affrettò a entrare nel negozio, andò agli spogliatoi e indossò rapido la divisa.
Quando uscì, davanti alla porta c’era Nadia, la store manager, una donna alta con lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo e gli occhi pesantemente truccati, che lo aspettava con le braccia incrociate sul petto e l’aria accigliata.
– Sei in ritardo.
Non era vero e lo sapevano entrambi. Nathan era riuscito ad arrivare in orario, ma quella donna odiosa pretendeva che tutti si presentassero con almeno venti minuti di anticipo per indossare la divise e ricevere le istruzioni sul lavoro da svolgere. Venti minuti extra che ovviamente non venivano conteggiati nelle ore di lavoro.
Fu tentato di dire qualcosa, ma si limitò ad abbassare la testa e chiedere scusa per poi dirigersi verso il retro del negozio.
Avresti dovuto risponderle come meritava.
– No, invece – disse lui cercando di tenere la voce più bassa possibile. – Profilo basso, ricordi?
Un conto è mantenere un profilo basso, un altro è farsi mettere i piedi in testa da una stronza che non ha altre soddisfazioni nella vita che questo schifo di posto.
Invece di ribattere, Nathan prese un transpallet e lo accostò al bancale più vicino. Lo caricò e lo portò fuori dal magazzino.
Bibi lo sapeva, sentiva quanto la situazione lo mandasse su tutte le furie e si divertiva a provocarlo per farlo reagire.
Ma quando hai una voce con una sua personalità nella testa e vedi strane creature che nessun altro è in grado di vedere, non puoi farti notare.
La tua vita deve essere la più anonima e banale possibile o rischi di finire legato e imbottito di medicinali in un reparto psichiatrico.
Per questo aveva scelto un lavoro dove nessuno lo avrebbe degnato di attenzione e aveva rinunciato ad avere anche un minimo di vita sociale.
Non poteva esporsi troppo.
Si mise a lavorare, togliendo gli scatoloni dal bancale per poi aprirli e riporre la merce negli scaffali, facendo bene attenzione a mettere in fondo i prodotti con la data di scadenza più lontana. Per un attimo, ripensò a quando aveva visto per la prima volta una di quelle strane creature.

In effetti era uno dei suoi primi ricordi: aveva quattro anni e si trovava a casa della nonna, nelle campagne cremasche. All’improvviso aveva scorto una creatura con i capelli simili a sterpaglie e il corpo ricoperto da una ruvida corteccia. L’aveva vista avvicinarsi di soppiatto a un albero di pesco, in parte devastato da un fungo infestante. L’essere aveva poi poggiato una mano sulla pianta le cui foglie erano guarite in maniera quasi istantanea. Da allora aveva visto decine e decine di quelle creature, tutte in qualche modo diverse tra loro. Poi, erano arrivate le Ombre. Aveva diciotto anni e si trovava ai margini del cantiere di un palazzo in costruzione. Appena si era accorto di quelle strane presenze era rimasto a fissarle a lungo, in preda a una paura che non riusciva a spiegare.

– Chiedo scusa…
Una voce lo fece sussultare, strappandolo ai suoi ricordi.
Poco distante dal bancale, una ragazza con un fisico minuto e una zazzera di capelli corti da maschiaccio lo fissava un sorriso entusiasta.
– Dimmi pure – fece lui cercando di abbozzare un sorriso per nascondere il disagio.
Lei si schiarì la voce, passandosi una mano tra i capelli con aria piuttosto nervosa. – Io volevo chiederti se…
Ma che vuole questa? disse Bibi piuttosto infastidita.
La ragazza sgranò gli occhi per un attimo poi si schiarì di nuovo la voce: – …se sapevi dirmi dove posso trovare il pepe.
Nathan la degnò appena di un’altra occhiata e le indicò il reparto delle spezie.
La giovane invece gli rivolse uno sguardo intenso poi si allontanò, ringraziandolo e salutandolo con un cenno della mano.
– Che tipa strana – sussurrò lui, tornando al bancale. Stava per tirare giù l’ennesimo scatolone, quando si accorse che qualcosa che non andava.
– Bibi, va tutto bene?
Lei si limitò a mugugnare parole incomprensibili poi si chiuse in un cupo silenzio che durò finché Nathan non uscì dal negozio.
Nat, fa attenzione lungo la strada. Tieni gli occhi aperti.
– Che succede? – le chiese attraversando il parcheggio e ignorando l’Ombra poco distante.
Quella ragazza… c’era qualcosa di strano in lei.
– Mi ha solo chiesto un’informazione. Non puoi entrare in paranoia ogni volta che qualcuno mi rivolge la parola – disse lui sebbene ci fosse una nota di incertezza nella sua voce.
Senza quasi rendersene conto, aveva allungato il passo. Ci volevano circa venti minuti per raggiungere il piccolo appartamento in cui abitava.
E se l’avessero mandata loro? Se ci avessero trovato?
Il corpo del ragazzo si irrigidì. – Non è possibile. Siamo stati attenti.
Si voltò di scatto, sicuro di aver sentito dei passi alle sue spalle.
Mentre con lo sguardo studiava con attenzione l’ambiente circostante, i ricordi lo travolsero e sentì la gola serrarsi in una morsa che quasi gli impedì di respirare.
Calmati, Nathan. Respira. Non sei più lì, ricordi? Non sei più lì.
Le parole di Bibi riuscirono a riportarlo al presente, aiutandolo a riprendere il controllo. Ricominciò quindi a camminare, con i muscoli in tensione e la guardia sempre alta.
Quando finalmente entrò in casa, barcollava per la stanchezza e il nervosismo.
Viveva nel comune di Segrate, in provincia di Milano, in un piccolo appartamento a pian terreno con cucina abitabile, un salotto non molto grande e un soppalco che fungeva da camera da letto.
La sala sembrava ancora più piccola a causa dei numerosi libri poggiati un po’ ovunque, pile e pile di volumi ammassati contro le pareti o stipati sui pochi mobili che arredavano l’ambiente.
Nathan aveva sempre adorato leggere.
I libri erano la sua unica porta d’accesso a una vita diversa, a una realtà che non fosse solo nascondersi e cercare di mantenersi invisibile.
C’è qualcosa che non va.
Il ragazzo osservò con attenzione l’ambiente. Trattenne il respiro, ascoltando il silenzio attorno a lui e cercando con lo sguardo qualsiasi dettaglio che potesse fargli capire cosa ci fosse di strano. È entrato qualcuno. La certezza di Bibi era assoluta e terrificante.
Chi poteva essere stato? Ladri? No… se fossero stati dei ladri avrebbe trovato la porta o una delle finestre rotte.
Inoltre, il televisore, l’unica cosa di valore da rubare, era ancora lì assieme al piccolo lettore blu-ray sotto di esso.
No, non era vero. Non c’era niente di strano in quella stanza e nessuno era entrato in casa sua.
– Dobbiamo piantarla. Stiamo diventando paranoici.
Nat ti ho detto che c’è stato qualcuno.
Invece di ascoltarla, lui si richiuse la porta di casa alle spalle, sbattendola con forza – E io ti ho detto di piantarla.
Di pessimo umore e senza voglia di mettersi a cucinare, ordinò una pizza poi si buttò sul divano e chiuse gli occhi. Fece dei respiri lunghi e profondi, massaggiandosi le tempie mentre il sonno e la stanchezza piano prendevano il sopravvento.