Le Povere Creature di Alasdair Gray

Credo sia capitato un po’ a tutti di voler leggere un libro dopo aver visto un film tratto da esso e devo dire che questo è uno di quei casi. Ho infatti acquistato il romanzo “Povere creature” di Alasdair Gray, dopo essere rimasta sbalordita dall’omonimo film e devo dire una cosa: per quanto sia diverso, non mi ha minimamente delusa.

Trama: Chi è veramente Bella Baxter, giovane donna ritrovata nelle fredde acque del Clyde nella Glasgow tardovittoriana e riconsegnata alla vita grazie agli oscuri esperimenti di Godwin Baxter, tormentato genio della chirurgia? Sarà arduo, quasi impossibile, dare una risposta, perché Bella è molto più della donna che è stata: oggetto di folli passioni amorose, la vedremo attraversare la sua epoca passando per salotti austeri, casinò decadenti e bordelli parigini, con lo stupore di chi per la prima volta vede il mondo nella sua prodigiosa follia, incarnando – con il medesimo desiderio che desta al suo passaggio – i più alti ideali umani, senza mai smettere di suscitare scandalo per l’oltraggio più grave di tutti: vivere un’esistenza radicalmente libera.

Fortemente gotico, a tratti grottesco, eccentrico e con un’impronta parodistica pungente e smaliziata, “Povere Creature” è un romanzo che cattura non solo per la sua storia a dir poco sopra le righe, ma anche per la sua struttura. Alasdair Gray, infatti, si dichiara solo “curatore” del libro che, in realtà, non è altro che una raccolta delle memorie di Archibald McCandless legate alla moglie Bella Baxter, giovane donna morta per annegamento e riportata in vita dal genio del dottor Goldwin Baxter.

 

Il libro offre ovvi riferimenti al Frankenstein di Mary Shelly e a numerosi altri autori dell’epoca vittoriani ed è capace tanto di spiazzare, quanto di affrontare tematiche importanti che vanno dalla disuguaglianza sociale all’importanza della memoria e dell’identità personale. Allo stesso tempo, però, è anche un inno al desiderio di libertà di una donna che, privata del passato, insegue i propri desideri alla scoperta di se stessa e del mondo. Un romanzo gotico, come ho  già scritto, a tratti grottesco e spiazzante, soprattutto alla fine dove, una volta terminata la storia scritta da Archibald McCandless, ecco che una lettera della stessa Bella Baxter arriva a stravolgere tutto, mettendo in discussione ciò che abbiamo letto in precedenza e rimescolando le carte. Subito dopo, però, è lo stesso “curatore” del libro, ovvero lo stesso Alasdair Gray a ribaltare le cose, fornendo delle “note” che provano la veridicità della storia di MvCandless. Ma quindi chi era davvero Bella Baxter? A quale versione della storia dobbiamo credere?

Non scriverò se viene data o meno una risposta al lettore, perché questo è un romanzo che vale davvero la pena di leggere e scoprire pagina dopo pagina. A dir poco geniale. Assolutamente consigliato.

 

La quarta dimensione di Cixin Liu

Il secondo romanzo della trilogia de “Il Problema dei Tre Corpi”, mi aveva lasciato un po’ delusa, entusiasmandomi meno rispetto al primo volume, ma dando quello che mi sembrava essere una sorta di conclusione alla guerra contro i Trisolariani, ma ho voluto comunque finire la trilogia e devo dire che ne sono stata davvero entusiasta.

Trama: A mezzo secolo dall’Ultima Battaglia sembra essersi creato un equilibrio tra terrestri e Trisolariani: i primi beneficiano della conoscenza degli invasori spaziali e stanno compiendo grandi progressi tecnologici, mentre gli alieni stanno assimilando la cultura terrestre. Pare che le due civiltà siano pronte per iniziare una convivenza pacifica, tra eguali, senza l’assurda minaccia della reciproca distruzione. Tutto cambia quando Cheng Xin, ingegnere aerospaziale ibernata all’inizio del XXI secolo, si risveglia. La donna porta con sé il ricordo di un programma ormai dimenticato, risalente agli albori dell’Epoca della Crisi, e la sua sola presenza potrebbe alterare il fragile equilibrio instauratosi tra terrestri e alieni. L’umanità riuscirà a raggiungere le stelle, o morirà nella sua culla?

Con quest’ultimo libro, Cixin Liu mi ha sorpresa, con un romanzo che coinvolge e cattura, dove non solo la fisica torna a essere protagonista, ma con uno stile poetico ed evocativo di una straordinaria potenza visiva.

Il romanzo comincia spiazzando il lettore, dando l’impressione di trovarsi davanti più a una raccolta di racconti che a un romanzo. Poi, però, la storia ingrana ed ecco che ti trascina attraverso il tempo in un’universo sempre più grande, complesso e affascinante. 

Con quest’ultimo libro si conclude quindi una trilogia fantascientifica fatta di alti e bassi, ma sicuramente degna di nota. Una storia in cui si percepisce l’enorme amore dell’autore per la fisica e la fantascienza, ma anche tutto il suo vissuto, il suo passato a partire dalla Rivoluzione Culturale in Cina. Nell’intera trilogia, infatti, si percepisce un certo senso di ineluttabilità e di pessimismo, un destino nel quale gli esseri umani finiscono inevitabilmente col gettarsi con le loro stesse scelte. Nonostante questo pessimismo, però, a regnare è la speranza e la determinazione nell’andare avanti, nel cercare una soluzione e nel percorrere la strada giusta.

Dopo “Nella quarta dimensione” non posso quindi che consigliare questa trilogia, soprattuto agli amanti della fantascienza pura.  

 

La Diga di Blackwater

La saga di Blackwater è senza ombra di dubbio una delle serie di romanzi più strane e spiazzanti che io abbia mai letto, ma allo stesso tempo una delle più affascinanti. Sono solo al secondo volume di questa storia, ma devo ammettere che, per il momento, è ancora così.

Trama: 1922. Mentre Perdido si sta riprendendo dalla devastante inondazione, la costruzione di una diga è l’unico baluardo possibile contro la furia dell’acqua. Ma il cantiere riversa sulla cittadina il suo carico di imprevisti: la rivolta degli operai, il capriccio delle correnti, il mistero di alcune sparizioni. La matriarca Mary-Love si scontra con Elinor, ora parte della famiglia Caskey. Macchinazioni, alleanze innaturali, sacrifici: a Perdido i mutamenti saranno profondi, le conseguenze irreversibili. La lotta è appena cominciata.

Continua la saga della famiglia Caskey e degli abitanti di Perdido, in lenta ripresa dopo la terribile devastazione dell’inondazione. Tutto ruota attorno alla costruzione della diga del titolo, alla quale l’unica a opporsi è la misteriosa Elinor che sembra avere un legame particolare con il fiume, quasi ossessivo.

Una saga ben scritta e molto scorrevole, a tratti grottesca, che parla di ipocrisie e tradimenti, ma anche di rivincite e e riscatti da parte di personaggi che rivelano una forza e una determinazione inaspettati e per i quali ci troviamo inaspettatamente a fare il tifo. Al di là dei drammi e degli intrighi familiari, però, c’è un lato oscuro in questa storia, un aspetto sovrannaturale già accennato nel primo libro, ma che emerge ancora di più in questo secondo capitolo soprattutto nella parte finale, in una scena agghiacciante che spiazza il lettore portandolo inevitabilmente a chiedersi quale sia il segreto che si nasconde dietro a Elinor e alle acque del fiume. 

Come il primo volume della saga, anche La Diga mi ha colpita, lasciandomi con uno strano senso di inquietudine e straniamento, ma anche con tanta curiosità di leggere i capitoli successivi. Per il momento continuo a consigliare questa saga pur consapevole che non può piacere a tutti.