Il mito di Orfeo secondo Luca Tarenzi

Periodo intenso ragazzi, oltre alla nuova stesura di Amon, la novità di un bimbo in arrivo mi ha, come dire, tenuta parecchio impegnata nelle ultime settimane (ecco perché la notevole riduzione dei posto in questo periodo), ma il tempo per leggere un buon libro si trova sempre, soprattutto se il libro in questione è “Orfeo – Sogno e Morte” di Luca Tarenzi.

Trama: Mediterraneo orientale, XIII secolo a.C. Orfeo è il figlio illegittimo di un re della Tracia, cresciuto senza conoscere l’identità della madre, privo dell’affetto del padre e disperatamente innamorato della sorella acquisita, Euridice. Una notte, nel tentativo di sottrarsi a un matrimonio combinato, Euridice fugge dalla fortezza in cui abita. Orfeo la insegue e, poco dopo, i due si imbattono in una banda di satiri, uomini selvaggi che venerano il dio Dioniso. I satiri però non fanno loro del male: Marsia, il loro capo, è il fratellastro di Orfeo che anni prima ha abbandonato il padre e il titolo di principe. Tramite Marsia anche Dioniso si incuriosisce nei confronti di Orfeo, e ordina ai satiri di istruirlo nelle loro arti sciamaniche. Mentre Euridice viene rinchiusa nella fortezza dal re per impedirle di scappare ancora, Orfeo scopre un insolito talento per le arti soprannaturali e, tra i tanti prodigi, impara ad abbandonare il proprio corpo per entrare nei sogni di altri. Un racconto brutale, lirico, violento e appassionato di magia, amore eterno e ribellione contro il destino.

Questo romanzo rappresenta un viaggio, un viaggio onirico attraverso il tempo e il mito, il sogno e la leggenda.
Con la sua scrittura visionaria, Luca Tarenzi trascina il lettore in una terra arcaica, dove gli dei interferiscono nelle vite dei mortali, segnandone il destino e stravolgendone le vite. Una storia scritta con consapevolezza, ma soprattutto con tanto rispetto per il mito di Orfeo, che non tutti probabilmente conoscono davvero e che riprende vita grazie anche uno stile permeato della stessa magia che vibra tra le pagine del libro.
Consigliatissimo e in forte attesa del secondo volume.

Asimov e la genesi delle Fondazioni

Quando si parla di fantascienza, Asimov è sicuramente una garanzia e il Ciclo delle Fondazioni è di certo la sua serie di opere più famose. Di questa serie, “Fondazione Anno Zero” rappresenta la fine del principio, l’ultimo dei due prequel che svelano come tutto ha avuto inizio.

Il romanzo è appunto l’opera che segna la fine della nascita della Psicostoria e la genesi delle Fondazioni, una parabola ascendente che mostra l’inesorabile declino dell’Impero attraverso gli occhi di Hari Seldon in tre tappe fondamentali della sua vita nelle quali lo scienziato viene mostrato in maniera profondamente umana. Attraverso perdite e sofferenze, ma anche gioie e vittorie, il lettore si trova a immergersi completamente nella vita di quest’uomo, un uomo che ha fatto della propria scienza e della propria idea, il fulcro della sua intera esistenza arrivando a perdere e sacrificare molto, alcuni direbbero troppo, per essa. Un libro che vale davvero la pena di leggere (come tutto il ciclo delle Fondazioni) perché con il suo stile scorrevole e affascinante, Asimov ti entra dentro, spalancandoti le porte di un intero universo.

La fine del Viaggio in Occidente.

In un precedente articolo avevo parlato del primo volume de “il viaggio in Occidente” e della sua influenza che ha avuto sulla cultura popolare e sull’infanzia di molti di noi (se avete mai sentito il nome “Son Goku”, potete capirmi), ma solo adesso, arrivata alla fine, mi sono resa conto della bellezza e dell’importanza di quest’opera.

Trama: Il libro è il punto d’arrivo dell’elaborazione leggendaria intorno al viaggio compiuto fra il 629 e il 645 dal monaco detto Tripitaka, per recarsi dalla Cina all’India a raccogliere sutra buddisti. In effetti Tripitaka riportò in patria e tradusse una porzione considerevole dell’attuale canone buddista. Ma già prima del 1000 circolavano leggende e cantafavole che facevano della spedizione di Tripitaka un’avventura fantastica. L’autore del Viaggio in Occidente si tiene alla larga dalla relazione autentica e raccoglie ogni fola. Vi aggiunge tutti i miti correnti nel paese, miti indiani (contatti col Râmâyana) fortemente sinizzati, frottole di cantastorie, aneddoti popolari, detti e proverbi in quantità. Non basta: vi aggiunge parecchie invenzioni di tasca sua. Il libro non è una collezione di materiali, ma è l’opera di una personalità spiccata, comunque si chiami: un uomo che l’ha fuso in un insieme coerente, vi ha sfogato i propri umori, ha dato il volo alla propria fantasia. In Cina questo è un libro di tutti. Al tempo dei Ming si leggeva nelle piazze; oggi il suo protagonista, Scimmiotto, è popolare come Topolino. Nel canone dei romanzi classici cinesi, questo è il più corto. Tutto è relativo: la grande giostra di avventure e di personaggi, che mostra in azione mentalità, ambienti e costumi, e illustra un po’ tutte le mitologie correnti in Cina, occupa comunque molte pagine, ma inventiva, umorismo sorridente a satira corrosiva ne fanno, a sorpresa, una lettura fresca e divertente, e la struttura a episodi relativamente indipendenti lo rende ancor più accessibile. Wu Cheng’en (1500 circa – 1582) fu tutore nella casa di un principe Jing e autore di versi mediocri. Intorno a questo libro, che in realtà appartiene al novero delle opere anonime, si è formata una esile ragnatela d’illazioni che supporta l’attribuzione, e d’altro canto, supporre che il libro appartenga proprio a Wu Cheng’en, non dà molto aiuto.

La seconda parte di un viaggio intenso, ricco di significati e spunti di riflessione che però, a mio avviso, si perde un po’ rispetto al primo volume. Ho trovato infatti questa seconda parte piuttosto ripetitiva, ma piano piano il libro si riprende e nel finale ecco che tutto trova il suo posto. Ogni tappa del percorso dei quattro protagonisti e ogni dettaglio, assumono un senso maggiore, raggiungendo così la giusta fine di un viaggio che non è solo pura narrazione, ma un percorso che porta alla riflessione e alla maggiore conoscenza e consapevolezza di una cultura straordinaria nonché di una delle religioni più antiche e diffuse nel mondo. Sono davvero felice di averlo letto.