(Ri)trovando One Piece

Quando ho saputo che sarebbe uscita la serie live action di One Piece e che sarebbe uscita su Netflix sono stata combattuta tra una grande euforia e il terrore più assoluto. Insomma, già Netflix non è famosa per i suoi successi in campo di adattamenti, poi come può una serie rendere giustizia a un’opera unica e complessa come il capolavoro di Eiichiro Oda?

Beh, inaspettatamente Netflix ce l’ha fatta. Sia chiaro, non è perfetta, ma pur avendo i suoi limiti e i suoi difetti questa serie è One Piece.

All’inizio forse si può fare un po’ fatica ad adattarsi allo stile particolare della serie e forse alcuni elementi possono risultare fin troppo artificiosi ed eccessivi, ma ci si fa presto l’occhio e anche le piccole sbavature finiscono con l’andare in secondo piano. Se un’altra nota “negativa” (metto negativa tra virgolette perché a mio avviso non conta poi tanto) è che la storia non segue al 100% il materiale originale, l’aspetto positivo è che quest’ultimo non viene snaturato anzi, l’essenza della storia rimane intatta, mostrando anche elementi che la vanno ad ampliare con dettagli che magari sono emersi nel corso dei numerosi anni di esistenza del manga. Quello che nell’anime si svolge in 45 episodi viene unito in una storia fluida e scorrevole con flashback che sono ben dosati e distribuiti con cura nell’arco delle 8 puntate da un’ora. Una grandissima nota di merito va anche agli attori che hanno davvero dato prova non solo di talento e capacità, ma anche e soprattutto di amare e rispettare profondamente i propri ruoli.

Sapete però qual è la cosa che mi ha convinto di più? Che mi ha fatto ridere, versare qualche lacrimuccia e alla fine mi sono ritrovata con un sorriso che poteva fare tranquillamente a gara con quello di Lufy. Sarà perché mi ha reso nostalgica, sarà perché mi ha fatto rivivere momenti del manga che ho adorato in un’ottica diversa, ma, per quel che mi riguarda, da questa serie non potevo chiedere di più.

Questa ovviamente è solo la mia impressione. Voi siete sempre libri di non prendermi troppo sul serio 😉

Death Note firmato Netflix: quando è meglio avere poche aspettative.

Ho visto da poco il nuovo film di Death Note uscito recentemente su Netflix e dopo l’orribile adattamento americano di Dragon Ball devo ammettere che mi aspettavo di dovermi strappare via gli occhi con un cavatappi, buttarli in un cocktail di acido e cacciarmi tutto giù in gola. È un film carso? Sicuro. Pieno di pecche? Certo. Con una trama simile a un groviera ammuffito? Sì, però senza muffa.

Ma vi assicuro che, visti i precedenti, potevano fare molto, molto, molto peggio.

Partiamo dai personaggi che, catapultati dalla realtà giapponese a quella americana, sono piuttosto diversi da quelli conosciuti attraverso manga e anime.

Light (Turner non Yagami) per esempio, da studente modello, geniale e apparentemente con un carattere e una vita perfetta, è stato trasformato in un normale studente del liceo sempre molto brillante anche se piuttosto problematico a causa della tragica morte della madre. Un ragazzo come tanti forse fin troppo ridicolo per il personaggio. (quasi mi sono messa a ridere per l’urlo da ragazzina che emette la prima volta che vede Ryuk). Per un bel po’ mi è sembrato solo uno sfigato che non sapeva bene che fare, ma alla fine, verso la fine, riesce quasi a guadagnare punti anche se sempre sfigato rimane.

Ryuk invece è stato ridotto a una figura più marginale sebbene molto, molto più demoniaca e inquietante (del resto Willem Dafoe potrebbe interpretarlo tranquillamente anche senza affetti speciali). Non viene detto molto di lui né del suo legame con il Death Note o del mondo degli Dei della Morte. Di lui si sa solo che il suo compito è quello di “consegnare il quaderno al suo prossimo proprietario”. Deludente dal punto di vista della storia, decisamente figo da quello visivo.

Misa amane invece è stata trasformata in Mia, compagna di classe di Light che, invece della Idol Gotica del manga, fa la cheerleader (decisamente più in linea con la realtà americana in cui si muove) ossessionata dal Death Note e, ovviamente innamorata di Light. Quello che non cambia è il fatto che resta sempre e comunque una testarda e irritante scassa maroni.

Il personaggio che mi è piaciuto davvero più di tutti è stato invece quello su cui tutti erano più dubbiosi: Elle. Si è tanto parlato di lui per il colore della pelle dell’attore, ma personalmente l’ho trovato fantastico. La fisicità, le movenze, tutto di lui mi hanno ricordato l’Elle “originale”. Andando avanti però, questo Elle è stato trasformato in una persona più fragile e umana, (forse un po’ troppo verso la fine) cosa che a dire il vero a me non è dispiaciuta più di tanto, ma che potrebbe far storcere il naso a molti fan dell’Elle originale.

Oltre ai personaggi anche alcune regole del Death Note sono state cambiate/aggiunte e non si nomina affatto dello scambio degli occhi. Inoltre, c’era una cosa che non mi quadra: leggendo le regole, Light trova una frase che dice di non fidarsi di Ryuk, ma…. Eh… se il nome di Ryuk è scritto sul quaderno da qualcuno che lo conosce e sa cos’è… si insomma… avete capito, no?

Coooomunque…

La storia bene o male scorre, ma l’ho trovata un’americanata sotto certi aspetti e un po’ troppo adolescenziale per altri. Il finale mi sembrato piuttosto insoddisfacente. Non c’è una vera e propria conclusione e il destino di Light rimane incerto anche se intuibile. Lo hanno lasciato così per un probabile seguito? Boh.

Insomma consiglio di guardarlo senza troppe aspettative (credo di non esserne rimasta totalmente delusa proprio perché le mie aspettative erano pari a 0) e sicuramente da non mettere in cima alla lista dei film da vedere soprattutto se si è dei puristi del manga. Qualcosa di non troppo impegnativo da guardare magari come ho fatto io: sul computer con le cuffie mentre il mio ragazzo accanto a me guardava la partita. ^,.,^

Questa ovviamente è solo la mia opinione. Voi siete sempre liberi di non prendermi troppo sul serio. 😉

Berserk al cinema (e io gongolo)

Ieri ho fatto la meravigliosa scoperta (grazie al mio amico Claudio Cordella) che il 14 e il 15 Ottobre Berserk arriverà in tutti i cinema The Space con i primi due capitoli de “L’Epoca D’oro”.

Per chi non lo sapesse, si tratta di un manga di Kentaro Miura, noto soprattutto per l’estrema violenza di alcune scene, iniziato nel “lontano” 1996 e tutt’oggi in corso. Al di là della violenza, ciò che personalmente ho amato di più di questo manga (o meglio, sto amando visto che ho ricominciato a leggerlo da poco per rimettermi in pari) sono i temi trattati nel fumetto: l’ineluttabilità del destino e il desiderio di cambiarlo, la presenza del male nell’esistenza umana  e il disperato tentativo di combattere per la propria sopravvivenza. Si tratta di un manga crudo non solo per le scene violente, ma anche per come mostra senza filtri il lato più oscuro ed egoista dell’animo umano, quello che spinge un individuo a fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere o di realizzare i propri desideri.

Insomma non so voi, ma io sto gongolando come un riccio in un negozio di spazzole… DEVO ASSOLUTAMENTE ANDARLO A VEDERE! *,.,*

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