La fine del Viaggio in Occidente.

In un precedente articolo avevo parlato del primo volume de “il viaggio in Occidente” e della sua influenza che ha avuto sulla cultura popolare e sull’infanzia di molti di noi (se avete mai sentito il nome “Son Goku”, potete capirmi), ma solo adesso, arrivata alla fine, mi sono resa conto della bellezza e dell’importanza di quest’opera.

Trama: Il libro è il punto d’arrivo dell’elaborazione leggendaria intorno al viaggio compiuto fra il 629 e il 645 dal monaco detto Tripitaka, per recarsi dalla Cina all’India a raccogliere sutra buddisti. In effetti Tripitaka riportò in patria e tradusse una porzione considerevole dell’attuale canone buddista. Ma già prima del 1000 circolavano leggende e cantafavole che facevano della spedizione di Tripitaka un’avventura fantastica. L’autore del Viaggio in Occidente si tiene alla larga dalla relazione autentica e raccoglie ogni fola. Vi aggiunge tutti i miti correnti nel paese, miti indiani (contatti col Râmâyana) fortemente sinizzati, frottole di cantastorie, aneddoti popolari, detti e proverbi in quantità. Non basta: vi aggiunge parecchie invenzioni di tasca sua. Il libro non è una collezione di materiali, ma è l’opera di una personalità spiccata, comunque si chiami: un uomo che l’ha fuso in un insieme coerente, vi ha sfogato i propri umori, ha dato il volo alla propria fantasia. In Cina questo è un libro di tutti. Al tempo dei Ming si leggeva nelle piazze; oggi il suo protagonista, Scimmiotto, è popolare come Topolino. Nel canone dei romanzi classici cinesi, questo è il più corto. Tutto è relativo: la grande giostra di avventure e di personaggi, che mostra in azione mentalità, ambienti e costumi, e illustra un po’ tutte le mitologie correnti in Cina, occupa comunque molte pagine, ma inventiva, umorismo sorridente a satira corrosiva ne fanno, a sorpresa, una lettura fresca e divertente, e la struttura a episodi relativamente indipendenti lo rende ancor più accessibile. Wu Cheng’en (1500 circa – 1582) fu tutore nella casa di un principe Jing e autore di versi mediocri. Intorno a questo libro, che in realtà appartiene al novero delle opere anonime, si è formata una esile ragnatela d’illazioni che supporta l’attribuzione, e d’altro canto, supporre che il libro appartenga proprio a Wu Cheng’en, non dà molto aiuto.

La seconda parte di un viaggio intenso, ricco di significati e spunti di riflessione che però, a mio avviso, si perde un po’ rispetto al primo volume. Ho trovato infatti questa seconda parte piuttosto ripetitiva, ma piano piano il libro si riprende e nel finale ecco che tutto trova il suo posto. Ogni tappa del percorso dei quattro protagonisti e ogni dettaglio, assumono un senso maggiore, raggiungendo così la giusta fine di un viaggio che non è solo pura narrazione, ma un percorso che porta alla riflessione e alla maggiore conoscenza e consapevolezza di una cultura straordinaria nonché di una delle religioni più antiche e diffuse nel mondo. Sono davvero felice di averlo letto.

Alessandra Paoloni e i Buscamacchie

Ho sempre adorato i libri per bambini, ma ammetto di non avere avuto occasione di leggerne molti di recente. Quando, però, ho avuto l’opportunità di leggere “I Buscamacchie – i misteri delle macchie nere” splendido libro di Alessandra Paoloni edito da Delrai Edizioni, non ho saputo resistere e sapete una cosa? Ne sono davvero felice.

Trama: I buscamacchie sono quelle incredibili famiglie che partono alla ricerca delle macchie nere, per sconfiggerle e impedire che il Male invada la realtà. William Gravestone, undicenne timido ma coraggioso, sa bene di farne parte, così come sa che gli verrà assegnato un talento, un dono, da utilizzare per cancellare tutte le macchie nere che troverà nelle sue fantastiche missioni. Ciascun buscamacchia ne possiede uno, così come ogni uomo, poiché i talenti vanno scoperti e utilizzati per il bene comune, affinché le macchie nere – ovvero furti, liti, persino omicidi – non accadano mai più sulla Terra.

Quello dei Buscamacchie è un mondo ben strutturato e ricco di dettagli che affronta in modo delicato, ma onesto temi che tutti ci troviamo ad affrontare prima o poi come la crescita e la paura del cambiamento, rendendoli adatti tanto ai bambini quanti agli adulti. Con personaggi capaci di farsi amare, la storia è scritta con uno stile semplice capace però di catturare e trasmettere al lettore (anche quello più grandicello) quel senso di entusiastica meraviglia che spesso tendiamo a perdere crescendo.

Un libro che non solo consiglio di far leggere ai propri bambini, ma anche, perché no, di leggerlo assieme a loro per creare così un piccolo momento di condivisione di un mondo magico.

Le Terre Mutate di Martina Monti

Ed eccoci con un nuovo libro di cui chiacchierare ovvero “Cronache delle terre mutate” scritto da Martina Monti ed edito da Delrai Edizioni, un romanzo postapocalittico che ha avuto origine in tempo di pandemia nel quale nel quale si percepisce molto lo spirito del periodo in cui è nato, ma che comunque trascende il suo tempo attraverso tematiche universali che colpiscono profondamente ancora oggi.

Trama: In un futuro lontano, una guerra nucleare ha spazzato via l’antica civiltà. Il mondo, però, si è presto adattato alla nuova Età, cambiando la sua morfologia e trasformando gli esseri viventi. Bombe e potenti armi, andate già perdute, hanno formato crateri, innalzato la terra in montagne, desertificato zone e prosciugato laghi, deviato fiumi e creato boschi a discapito delle zone urbane, ormai abbandonate. A seguito di quegli eventi, hanno iniziato a nascere bambini sempre più malformati, mutati, fino a quando queste alterazioni si sono stabilizzate in tratti tipici, definendo una nuova razza: gli Abarimoni. Diversi dagli Umanidi, discendenti diretti degli uomini, combattono questi ultimi e li schiavizzano, convinti della loro inferiorità nel nome di Salmace, un dio-dea che ha esaltato il nuovo gene come marchio dei prescelti. Ma i tempi cambiano e una minaccia sconosciuta incombe sulle rovine di un’era che vede il suo tramonto; Umanidi e Abarimoni dovranno ben presto fare i conti con la dura realtà che vede entrambe le loro razze in pericolo. Non si è mai al sicuro quando si lotta per la sopravvivenza e la vita umana inizia finalmente ad avere tutt’altro valore.

Quello di Martina Monti è un romanzo molto ben costruito, che trascina il lettore grazie soprattutto a dei personaggi meravigliosamente sfaccettati, costretti spesso a compiere scelte difficili per proteggere se stesse e le persone amate in un mondo spietato ormai in rovina. Un’opera corale che trova il suo cuore proprio nelle persone, ma anche e soprattutto nella speranza: la speranza che le cose possano cambiare e che, attraverso una lotta comune, le differenze e l’odio tra due razze in conflitto possano in qualche modo essere superati. Una speranza, però, con un retrogusto molto amaro. Perché il passato lascia sempre segni profondi, cicatrici che nemmeno il tempo può rimarginare e non tutti saranno in grado di sopravvivere a esse.


Un romanzo che, andando ben oltre il proprio genere, tocca innumerevoli corde dell’animo umano e che mi sento assolutamente di consigliare.