I libri “ispiratori” sono per me quei romanzi che riescono a darmi così tanto da essere una vera e propria fonte di ispirazione, da farmi desiderare di crescere a tal punto come autrice da arrivare a riuscire a scrivere qualcosa di altrettanto intenso e ben scritto. Sono quei libri la cui lettura mi hanno dato una spinta e portato a voler migliorare me stessa.
Millennio di Fuoco di Cecilia Randall è sicuramente uno di questi.
Quello che ho sempre ammirato della scrittura della Randall è come riesce a plasmare le sue storie nella storia. Trovo straordinario il modo in cui, dopo un lungo lavoro di documentazione più che evidente, riesce a creare personaggi ed emozioni in un’ambientazione storica perfetta che però non risulta in nessun modo pesante o eccessiva.
Con Millennio di Fuoco, però, Cecilia Randall ha fatto molto di più: ha creato un ucronia perfetta e coerente, una realtà alternativa in cui le tracce della nostra storia sono comunque vive, chiare e presenti. Spettacolari poi sono le battaglie, descritte in maniera precisa e realistica, ma allo stesso tempo vivide e di forte impatto.
Quello che però mi ha catturato maggiormente è ciò che lega i due protagonisti, la guerriera Seija e Raivo, il terribile condottiero Manvar (creature assetate di sangue che gli umani considerano veri e propri demoni). La loro storia ricorda in parte quella del Dracula di Stoker: Raivo infatti dopo aver dannato la sua anima ed essere stato trasformato in un Manvar per aver perso in maniera violenta la donna amata, ritrova il volto di lei nella guerriera e nemica Seija. Ho apprezzato molto il fatto che Raivo non veda Seija come la reincarnazione dell’amata. Ha il suo stesso aspetto eppure lui è consapevole che non si tratta della sua donna, ma forse di una nemesi che potrebbe portare alla sua fine. Nonostante questo però e nonostante i due siano nemici e arrivino a desiderare l’uno la morte dell’altro, l’attrazione tra loro è forte e il desiderio possessivo di Raivo arriva ad essere così intenso e ossessivo da avermi davvero travolta.
Posso dire con certezza che il generale Manvar è il personaggio che ho amato di più e che più è riuscito a toccarmi nel profondo. Egli è mosso dall’odio e dalla rabbia, da una sete di sangue e vendetta che lo ha portato a essere il più temuto tra i terribili demoni che stanno minacciando l’Europa. Eppure ogni volta che vede Seija o anche solo quando pensa a lei mi ha trasmesso una profonda nostalgia, un dolore e un tormento tali da togliermi il respiro. Un personaggio bellissimo, intenso ed emozionante che rispecchia l’archetipo dell’eroe caduto e condannato per amore presente in molte grandi storie (vi dice niente ad esempio il nome Anakin Skywalker?).
Quello che più ho amato di Seija invece è il suo costante tentativo di essere forte, il suo profondo amore per il suo popolo nomade che la rende pronta a tutto pur di proteggere la sua gente e trovarle un posto da poter finalmente chiamare casa ma soprattutto la sua determinazione a rimanere fedele a se stessa e dimostrare di essere molto più di una donna pagana in un mondo in prevalenza Cristiano imprigionato in un oscuro Medioevo.
Un romanzo che mi ha rapita a livello emotivo e mi ha affascinata a livello descrittivo del quale non vedo l’ora di leggere il seguito. (Questo ovviamente è un messaggio indiretto all’autrice alla quale vorrei tanto domandare quando si potrà mettere le mani sul seguito. *,.,* ). L’ho messo nella categoria “Libri ispiratori” proprio perché vorrei arrivare anch’io, un giorno, a creare un romanzo così intenso dal punto di vista emotivo e allo stesso tempo così magistralmente strutturato e curato dal punto di vista stilistico.
p.s. Ovviamente potete non essere d’accordo con quello che scrivo quindi siete più che liberi di non prendermi troppo sul serio 😉