La Mano Sbagliata: Dylan Dog secondo Barbara Baraldi

Sono sempre stata un’appassionata di fumetti e tra i miei preferiti, un posto speciale aveva (e ha ancora adesso) un grande protagonista del fumetto italiano ovvero Dylan Dog.Immaginate quindi la mia emozione quando ho avuto tra le zampe “La Mano Sbagliata” numero 348 della serie regolare disegnato dal grande Nicola Mari e sceneggiato da una scrittrice Italiana che stimo e ammiro come poche: Barbara Baraldi.

Trama:
“Anita Novak è una pittrice all’apice del successo. Ma un terribile incidente l’ha privata della mano destra. Da quel momento, la sua mano sinistra, come animata di vita propria, inizia a dipingere quasi autonomamente, rappresentando la morte. Spetta all’Indagatore dell’Incubo, ingaggiato dall’artista, scoprire il nesso tra gli omicidi tracciati sulla tela e quelli che avvengono nella realtà.”

Ogni pagina del volume é permeata dallo stile inconfondibile della Baraldi che riesce a creare una storia ricca di sensualità ed erotismo (nel triangolo che vede coinvolto Dylan, Anita Novak e la sua rivale, la pittrice Rita Leigh,) ma soprattutto ricca di angoscia, l’angoscia dell’artista prigioniera della sua stessa arte.
Ed è proprio l’arte il cuore della storia, l’arte capace di dare un senso alla vita (quella di Anita prima di perdere la mano) e quella capace di distruggerla, di sconvolgere e affascinare allo stesso tempo arrivando a toccare le corde più profonde dell’anima di chi la osserva.

A livello di trama, la storia si sviluppa fluida, presentando nella prima parte il complesso e affascinante personaggio di Anita Novak e trascinando il lettore fino alla scoperta finale, la scoperta che l’orrore non viene da una forza sovrannaturale, che il vero mostro è tanto umano quanto lo è l’ossessione che lo spinge a uccidere.
Il debutto della Baraldi nella serie regolare di Dylan Dog quindi è sicuramente una prova ben riuscita e da lettrice di Dylan, spero davvero di poter leggere ancora Molte altre storie scritte da lei. Voi ovviamente siete sempre liberi di non prendermi troppo sul serio, ma spero, nell’improbabilissimo caso che legga questo blog, che Roberto Recchioni lo faccia.

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